giovedì 3 aprile 2025

OCCULTAMENTO, DISTRUZIONE, SOPPRESSIONE O SOTTRAZIONE DI CADAVERE


nascondere, sottrarre, sopprimere o distruggere un corpo umano privo di vita costituisce reato

L’articolo 412 del Codice penale, rubricato come "Occultamento di cadavere", prevede che:

Chiunque occulta un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne nasconde le ceneri, è punito con la reclusione fino a tre anni“.

Mediante la citata disposizione, pertanto, viene sanzionato qualunque soggetto che nasconda, del tutto o in parte, un corpo umano privo di vita. 

Sono oggetto di tutela la dignità della persona defunta e, nei casi in cui la morte risulti correlabile a un'ipostesi di reato, il corretto/proficuo espletamento delle indagini da parte dell'Autorità giudiziaria.

Come precisato dalla giurisprudenza, il reato in oggetto può risultare integrato anche laddove la vittima sia ancora in vita nel momento in cui viene attuata la condotta di occultamento. 

Il tratto qualificante della fattispecie in oggetto è dato dal carattere temporaneo del nascodimento del corpo, eseguito secondo modalità tali da consentire il rinvenimento dello stesso in epoca successiva. 

Di qui, pertanto, la differenza rispetto alla figura criminosa della "Distruzione, soppressione o sottrazione di cadavere", prevista e punita dal precedente articolo 411 del Codice penale, in cui il ritrovamento del corpo risulta tendenzialmente impossibile.

Detta norma prevede che:

"Chiunque distrugge, sopprime o sottrae un cadavere, o una parte di esso, ovvero ne sottrae o disperde le ceneri, è punito con la reclusione da due a sette anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso in cimiteri o in altri luoghi di sepoltura, di deposito o di custodia.

Non costituisce reato la dispersione delle ceneri di cadavere autorizzata dall'ufficiale dello stato civile sulla base di espressa volontà del defunto.

La dispersione delle ceneri non autorizzata dall'ufficiale dello stato civile, o effettuata con modalità diverse rispetto a quanto indicato dal defunto, è punita con la reclusione da due mesi a un anno e con la multa da euro 2.582 a euro 12.911."


Avv. Tommaso Barausse

martedì 1 aprile 2025

ATTENTATI ALLA SICUREZZA DEI TRASPORTI – IL REATO PREVISTO DALL' ARTICOLO 432 DEL CODICE PENALE

Porre in pericolo la sicurezza dei trasporti pubblici costituisce reato

L’articolo 432 del Codice penale disciplina la fattispecie di reato rubricata come “Attentati alla sicurezza dei trasporti”. 

Nello specifico, la norma in commento prevede quanto segue:

Chiunque, fuori dei casi preveduti dagli articoli precedenti, pone in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria, è punito con la reclusione da uno a cinque anni.

Si applica la reclusione da tre mesi a due anni a chi lancia corpi contundenti o proiettili contro veicoli in movimento, destinati a pubblici trasporti per terra, per acqua o per aria.

Se dal fatto deriva un disastro la pena è della reclusione da tre a dieci anni. 

L'ipotesi criminosa in oggetto risulta strutturata secondo il paradigma del reato a consumazione anticipata: il reato risulta integrato nel momento in cui viene messa a rischio la sicurezza dei pubblici trasporti, senza quindi la necessità che si verifichi un danno/pregiudizio in concreto.

Viene in ogni caso prevista un pena considerevole (dai tre ai dieci anni di recluisione) nel caso in cui si verifichi un disastro quale conseguenza della messa in pericolo.

Il bene oggetto di tutela è l’incolumità pubblica, avuto riguardo all'indeterminata, assai rilevante quantità di persone che nel quotidiano si spostano per il tramite dei mezzi di trasporto pubblici.


Avv. Tommaso Barausse


mercoledì 19 marzo 2025

L'INCENDIO NEL CODICE PENALE

Provocare un incendio costituisce reato

L'incendio sicuramente rappresenta un evento connotato da altissimo tasso di pericolosità, considerate le possibili, devastanti conseguenze dello stesso ai danni del contesto urbano/paesaggistico circostante e, più in generale, della sicurezza pubblica. 

Per tale ordine di ragioni,  la legge sanziona penalmente la provocazione di un incendio.

Nello specifico, il nostro codice penale contempla plurime fattispecie di reato, il cui perfezionamento richiede il solo verificarsi dell'evento incendiario, senza che risulti quindi necessario l'effettivo concretizzarsi di consequenziali danni e/o condizioni di pericolo.

Fa eccezione al suddetto paradigma l’ipotesi di incendio di cosa propria, avente come requisito la sussistenza di un pericolo per la  pubblica incolumità.

Il compendio normativo di riferimento trova collocazione nel Titolo VI, inerente ai delitti contro l’incolumità pubblica, ed è costituito dagli articoli di legge di seguito enumerati.

Art. 423 c.p., rubricato semplicamente come “Incendio”:

Chiunque cagiona un incendio è punito con la reclusione da tre a sette anni.

La disposizione precedente si applica anche nel caso di incendio della cosa propria, se dal fatto deriva pericolo per l'incolumità pubblica“.

Art. 423-bis c.p., rubricato come “Incendio boschivo”, secondo cui:

Chiunque, al di fuori dei casi di uso legittimo delle tecniche di controfuoco e di fuoco prescritto, cagiona un incendio su boschi, selve, foreste o zone di interfaccia urbano-rurale ovvero su vivai forestali destinati al rimboschimento, propri o altrui, è punito con la reclusione da sei a dieci anni.

Se l'incendio di cui al primo comma è cagionato per colpa, la pena è della reclusione da due a cinque anni.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se dall'incendio deriva pericolo per edifici o danno su aree o specie animali o vegetali protette o su animali domestici o di allevamento.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate della metà, se dall'incendio deriva un danno grave, esteso e persistente all'ambiente.

La pena prevista dal primo comma è aumentata da un terzo alla metà quando il fatto è commesso al fine di trarne profitto per sé o per altri o con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti all'esecuzione di incarichi o allo svolgimento di servizi nell'ambito della prevenzione e della lotta attiva contro gli incendi boschivi. 

Le pene previste dal presente articolo sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti di colui che si adopera per evitare che l'attività delittuosa venga portata a conseguenze ulteriori, ovvero, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, provvede concretamente alla messa in sicurezza e, ove possibile, al ripristino dello stato dei luoghi.

Le pene previste dal presente articolo sono diminuite da un terzo alla metà nei confronti di colui che aiuta concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella ricostruzione del fatto, nell'individuazione degli autori o nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti”.

Art. 424 c.p., ovvero “Danneggiamento seguito da incendio”:

Chiunque, al di fuori dlle ipotesi previste nell’articolo 423-bis, al solo scopo di danneggiare la cosa altrui, appicca il fuoco a una cosa propria o altrui è punito, se dal fatto sorge il pericolo di un incendio, con la reclusione da sei mesi a due anni.

Se segue l’incendio, si applicano le disposizioni dell’articolo 423, ma la pena è ridotta da un terzo alla metà.

Se al fuoco appiccato a boschi, selve e foreste, ovvero vivai forestali destinati al rimboschimento, segue incendio, si applicano le pene previste dall’articolo 423-bis".

Circostanze aggravanti, art. 425 c.p.

Nei casi preveduti dagli articoli 423 e 424, la pena è aumentata se il fatto è commesso:

  1. su edifici pubblici o destinati a uso pubblico, su monumenti, cimiteri e loro dipendenze;
  2. su edifici abitati o destinati a uso di abitazione, su impianti industriali o cantieri, o su miniere, cave, sorgenti, o su acquedotti o altri manufatti destinati a raccogliere e condurre le acque;
  3. su navi o altri edifici natanti, o su aeromobili;
  4. su scali ferroviari o marittimi o aeroscali, magazzini generali o altri depositi di merci o derrate, o su ammassi o depositi di materie esplodenti, infiammabili o combustibili;
  5.  [su boschi, selve o foreste]" - numero abrogato ex art. 11 L. 21.11.2000 n. 353.

Avv. Tommaso Barausse

mercoledì 5 marzo 2025

DIRITTO PENALE DELL'ECONOMIA - IL REATO DI INSIDER TRADING

Sfruttare informazioni riservate/privilegiate in ambito finanziario può costituire reato

L’articolo 184 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (noto più semplicemente come TUF) sanziona a livello penale le condotte inerenti a quella pratica conosciuta a livello internazionale sotto la denominazione di Insider Trading.

Trattasi di attività riguardante la comunicazione e/o lo sfruttamento economico di informazioni sensibili, di natura riservata, di cui si è a conoscenza in ragione di una determinata posizione/qualifica soggettiva ricoperta. 

Nello specifico, la norma in commento, rubricata come "Abuso o comunicazione illecita di informazioni privilegiate. Raccomandazione o induzione di altri alla commissione di abuso di informazioni privilegiate" dispone che:

1. È punito con la reclusione da due a dodici anni e con la multa da euro ventimila a euro tre milioni chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate in ragione della sua qualità di membro di organi di amministrazione, direzione o controllo dell'emittente, della partecipazione al capitale dell'emittente ovvero dell'esercizio di un'attività lavorativa, di una professione o di una funzione, anche pubblica, o di un ufficio:

a) acquista, vende o compie altre operazioni, direttamente o indirettamente, per conto proprio o per conto di terzi, su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime;
b) comunica tali informazioni ad altri, al di fuori del normale esercizio del lavoro, della professione, della funzione o dell'ufficio o di un sondaggio di mercato effettuato ai sensi dell'articolo 11 del regolamento (UE) n. 596/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014;
c) raccomanda o induce altri, sulla base di tali informazioni, al compimento di taluna delle operazioni indicate nella lettera a).
2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate a motivo della preparazione o dell'esecuzione di attività delittuose, commette taluno dei fatti di cui al medesimo comma 1.
3. Fuori dei casi di concorso nei reati di cui ai commi 1 e 2, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a dieci anni e con la multa da euro ventimila a euro due milioni e cinquecentomila chiunque, essendo in possesso di informazioni privilegiate per ragioni diverse da quelle indicate ai commi 1 e 2 e conoscendo il carattere privilegiato di tali informazioni, commette taluno dei fatti di cui al comma 1.
4. Nei casi di cui ai commi 1, 2 e 3, la pena della multa può essere aumentata fino al triplo o fino al maggior importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l'entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche quando i fatti di cui ai commi 1, 2 e 3 riguardano condotte od operazioni, comprese le offerte, relative alle aste su una piattaforma d'asta autorizzata, come un mercato regolamentato di quote di emissioni o di altri prodotti oggetto d'asta correlati, anche quando i prodotti oggetto d'asta non sono strumenti finanziari, ai sensi del regolamento (UE) n. 1031/2010 della Commissione, del 12 novembre 2010."

Tommaso Barausse


martedì 4 marzo 2025

DIRITTO PENALE DELL' ECONOMIA - IL REATO DI AGGIOTAGGIO

 

Sono plurime le disposizioni di legge atte a contrastare l'aggiotaggio, a seconda dell'oggetto cui si riferisce

Con il termine “Aggiotaggio” si fa genericamente riferimento ad attività speculative perpertrate tramite artifici di vario tipo o mediante la diffusione di informazioni false, esagerate, tendenziose o riservate, tali da influenzare/modificare l’ammontare delle quotazioni di merci, valori, strumenti finanziari.

Sotto il profilo penalistico, l’aggiotaggio viene in primo luogo pevisto e punito ai sensi dell’articolo 501 del codice penale, rubricato come “Rialzo e ribasso fraudolento di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio", secondo cui:

"Chiunque, al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci, pubblica o altrimenti divulga notizie false, esagerate o tendenziose o adopera altri artifici atti a cagionare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci, ovvero dei valori ammessi nelle liste di borsa o negoziabili nel pubblico mercato, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 516 a euro 25.822.

Se l’aumento o la diminuzione del prezzo delle merci o dei valori si verifica, le pene sono aumentate.

Le pene sono raddoppiate:

  1. se il fatto è commesso dal cittadino per favorire interessi stranieri;
  2. se dal fatto deriva un deprezzamento della valuta nazionale o dei titoli dello Stato, ovvero il rincaro di merci di comune o  largo consumo.

Le pene stabilite nelle disposizioni precedenti si applicano anche se il fatto è commesso all’estero, in danno della valuta nazionale o di titoli pubblici italiani.

La condanna importa l’interdizione dai pubblici uffici.".

Quando ha ad oggetto strumenti finanziari quotati, l’aggiotaggio viene invece sanzionato ai sensi dell’articolo 185 d.lgs. n. 58/98 (TUF), rubricato come “Manipolazione del mercato”, ai sensi del quale:

1. Chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro ventimila a euro cinque milioni.

1-bis Non è punibile chi ha commesso il fatto per il tramite di ordini di compravendita o operazioni effettuate per motivi legittimi e in conformità  a prassi di mercato ammesse, ai sensi dell’articolo 13 del regolamento (UE) n. 596/2014.

2. Il giudice può aumentare la multa fino al triplo o fino al maggiore importo di dieci volte il prodotto o il profitto conseguito dal reato quando, per la rilevante offensività del fatto, per le qualità personali del colpevole o per l’entità del prodotto o del profitto conseguito dal reato, essa appare inadeguata anche se applicata nel massimo.

2-bis [Nel caso di operazioni relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 180, comma 1, lettera a), numeri 2), 2-bis) e 2-ter), limitatamente agli strumenti finanziari il cui prezzo o valore dipende dal prezzo o dal valore di uno strumento finannziario di cui ai numeri 2) e 2-bis) ovvero ha un effetto su tale prezzo o valore, o relative alle aste su una piattaforma d’asta autorizzata come un mercato regolamentato di quote di emissioni, la sanzione penale è quella dell’ammenda fino a euro centotremila e duecentonovantuno e dell’arresto fino a tre anni]. Comma abrogato dall'art. 26, comma 1, lettera d) della 23 dicembre 2021, n. 238

2-ter [Le disposizioni del presente articolo si applicano anche:
a) ai fatti concernenti i contratti a pronti su merci che non sono prodotti energetici all’ingrosso, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore degli strumenti finanziari di cui all’articolo 180, comma 1, lettera a);
b) ai fatti concernenti gli strumenti finanziari, compresi i contratti derivati o gli strumenti derivati per il trasferimento del rischio di credito, idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo o del valore di un contratto a pronto su merci, qualora il prezzo o il valore dipendano dal prezzo o dal valore di tali strumenti finanziari;
c) ai fatti concernenti gli indici di riferimento (benchmark).]" Comma abrogato dall'art. 26, comma 1, lettera d) della 23 dicembre 2021, n. 238.

L’articolo 2637 del codice civile, invece, concerne gli strumenti finanziari non quotati, stabilendo che:

Chiunque diffonde notizie false, ovvero pone in essere operazioni simulate o altri artifici concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari non quotati o per i quali non è stata presentata una richiesta di ammissione alle negoziazioni in un mercato regolamentato, ovvero ad incidere in modo significativo sull’affidamento che il pubblico ripone nella stabilità patrimoniale di banche o di gruppi bancari, è punito con la pena della reclusione da uno a cinque anni.“.

Tommaso Barausse

lunedì 3 marzo 2025

FALSE DICHIARAZIONI E REDDITO DI CITTADINANZA – IL REATO EX ART. 7 DECRETO-LEGGE 28 GENNAIO 2019, n. 4



Omettere le dovute informazioni, Fornire false dichiarazioni e/o documentazione non autentica al fine di percepire indebitamente il reddito di cittadinanza (RDC) costituiva reato. 


La legge prevede(va) la pena della reclusione da due a sei anni, anche nel caso in cui siano omesse le dovute informazioni da parte dell’istante che intenda percepire il rdc senza averne i requisiti.

La normativa di riferimento è l’articolo 7 del DECRETO-LEGGE 28 gennaio 2019, n. 4, Decreto-Legge convertito con modificazioni dalla L. 28 marzo 2019, n. 26 (in G.U. 29/03/2019, n. 75). 

Trattasi di normativa vigente a far data dal 29.01.2019, ai sensi della quale:

1. Salvo che il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque, al fine di ottenere indebitamente il beneficio di cui all’articolo 3, rende o utilizza dichiarazioni o documenti falsi o attestanti cose non vere, ovvero omette informazioni dovute, e’ punito con la reclusione da due a sei anni. 

2. L’omessa comunicazione delle variazioni del reddito o del patrimonio, anche se provenienti da attivita’ irregolari, nonche’ di altre informazioni dovute e rilevanti ai fini della revoca o della riduzione del beneficio entro i termini di cui all’articolo 3, commi 8, ultimo periodo, 9 e 11, e’ punita con la reclusione da uno a tre anni. 

3. Alla condanna in via definitiva per i reati di cui ai commi 1 e 2 e per quello previsto dall’articolo 640-bis del codice penale, nonche’ alla sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti per gli stessi reati, consegue di diritto l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva e il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito. La revoca e’ disposta dall’INPS ai sensi del comma 10. Il beneficio non puo’ essere nuovamente richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna. 

4. Fermo quanto previsto dal comma 3, quando l’amministrazione erogante accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento dell’istanza ovvero l’omessa successiva comunicazione di qualsiasi intervenuta variazione del reddito, del patrimonio e della composizione del nucleo familiare dell’istante, la stessa amministrazione dispone l’immediata revoca del beneficio con efficacia retroattiva. A seguito della revoca, il beneficiario e’ tenuto alla restituzione di quanto indebitamente percepito.

5. E’ disposta la decadenza dal Rdc, altresi’, quando uno dei componenti il nucleo familiare:
a) non effettua la dichiarazione di immediata disponibilita’ al lavoro, di cui all’articolo 4, commi 4 e 6, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero;
b) non sottoscrive il Patto per il lavoro ovvero il Patto per l’inclusione sociale, di cui all’articolo 4, commi 7 e 12, ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero;
c) non partecipa, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione, di cui all’articolo 20, comma 3, lettera b), del decreto legislativo n. 150 del 2015 e all’articolo 9, comma 3, lettera e), del presente decreto;
d) non aderisce ai progetti di cui all’articolo 4, comma 15, nel caso in cui il comune di residenza li abbia istituiti;
e) non accetta almeno una di tre offerte congrue ai sensi dell’articolo 4, comma 8, lettera b), numero 5), ovvero, in caso di rinnovo ai sensi dell’articolo 3, comma 6, non accetta la prima offerta congrua utile;
f) non effettua le comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 9, ovvero effettua comunicazioni mendaci producendo un beneficio economico del Rdc maggiore;
g) non presenta una DSU aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare ai sensi dell’articolo 3, comma 12;
h) venga trovato, nel corso delle attivita’ ispettive svolte dalle competenti autorita’, intento a svolgere attivita’ di lavoro dipendente in assenza delle comunicazioni obbligatorie di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 1 ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, ovvero attivita’ di lavoro autonomo o di impresa, in assenza delle comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 9.

6. La decadenza dal beneficio e’ inoltre disposta nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico del Rdc in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU o di altra dichiarazione nell’ambito della procedura di richiesta del beneficio, ovvero per effetto dell’omessa presentazione delle prescritte comunicazioni, ivi comprese le comunicazioni di cui all’articolo 3, comma 10, fermo restando il recupero di quanto versato in eccesso.

7. In caso di mancata presentazione, in assenza di giustificato motivo, alle convocazioni di cui all’articolo 4, commi 5 e 11, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni:
a) la decurtazione di una mensilita’ del beneficio economico in caso di prima mancata presentazione; 
b) la decurtazione di due mensilita’ alla seconda mancata presentazione;
c) la decadenza dalla prestazione, in caso di ulteriore mancata presentazione.

8. Nel caso di mancata partecipazione, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di orientamento di cui all’articolo 20, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 150 del 2015, da parte anche di un solo componente il nucleo familiare, si applicano le seguenti sanzioni:
a) la decurtazione di due mensilita’, in caso di prima mancatapresentazione;
b) la decadenza dalla prestazione in caso di ulteriore mancata presentazione.

9. In caso di mancato rispetto degli impegni previsti nel Patto per l’inclusione sociale relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne ovvero impegni di prevenzione e cura volti alla tutela della salute, individuati da professionisti sanitari, si applicano le seguenti sanzioni:
a) la decurtazione di due mensilita’ dopo un primo richiamo formale al rispetto degli impegni;
b) la decurtazione di tre mensilita’ al secondo richiamo formale;
c) la decurtazione di sei mensilita’ al terzo richiamo formale;
d) la decadenza dal beneficio in caso di ulteriore richiamo.

10. L’irrogazione delle sanzioni diverse da quelle penali e il recupero dell’indebito, di cui al presente articolo, e’ effettuato dall’INPS. Gli indebiti recuperati nelle modalita’ di cui all’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, al netto delle spese di recupero, sono riversate dall’INPS all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate al Fondo per il Reddito di Cittadinanza. L’INPS dispone altresi’, ove prevista la decadenza dal beneficio, la disattivazione della Carta Rdc.

11. In tutti i casi diversi da quelli di cui al comma 3, il Rdc puo’ essere richiesto dal richiedente ovvero da altro componente il nucleo familiare solo decorsi diciotto mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza, ovvero, nel caso facciano parte del nucleo familiare componenti minorenni o con disabilita’, come definita a fini ISEE, decorsi sei mesi dalla medesima data.

12. I centri per l’impiego e i comuni comunicano alle piattaforme di cui all’articolo 6, al fine della messa a disposizione dell’INPS, le informazioni sui fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di cui al presente articolo, ivi compresi i casi di cui all’articolo 9, comma 3, lettera e), entro e non oltre cinque giorni lavorativi dal verificarsi dell’evento da sanzionare. L’INPS, per il tramite delle piattaforme di cui all’articolo 6, mette a disposizione dei centri per l’impiego e dei comuni gli eventuali conseguenti provvedimenti di decadenza dal beneficio.

13. La mancata comunicazione dei fatti suscettibili di dar luogo alle sanzioni di decurtazione o decadenza della prestazione determina responsabilita’ disciplinare e contabile del soggetto responsabile, ai sensi dell’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

14. Nei casi di dichiarazioni mendaci e di conseguente accertato illegittimo godimento del Rdc, i centri per l’impiego, i comuni, l’INPS, l’Agenzia delle entrate, l’Ispettorato nazionale del lavoro (INL), preposti ai controlli e alle verifiche, trasmettono, entro dieci giorni dall’accertamento, all’autorita’ giudiziaria la documentazione completa del fascicolo oggetto della verifica.

15. I comuni sono responsabili delle verifiche e dei controlli anagrafici, attraverso l’incrocio delle informazioni dichiarate ai fini ISEE con quelle disponibili presso gli uffici anagrafici e quelle raccolte dai servizi sociali e ogni altra informazione utile per individuare omissioni nelle dichiarazioni o dichiarazioni mendaci al fine del riconoscimento del Rdc.”

La normativa in materia di reddito di cittadinanza è stata oggetto di abrogazione, di conseguenza si segnala che l'art. 1, co. 318, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, ha abrogato l'art. 7 del D.L. n. 4 del 2019, a decorrere dal 1° gennaio 2024.

Avv. Tommaso Barausse