mercoledì 7 giugno 2023

ESERCIZIO ABUSIVO DI UNA PROFESSIONE – IL REATO PREVISTO DALL' ARTICOLO 348 DEL CODICE PENALE

 


L’articolo 348 del codice penale stabilisce che: 

Chiunque abusivamente esercita una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 10.000,00 a € 50.000,00.

La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e, nel caso in cui il soggetto che ha commesso il reato eserciti regolarmente una professione o attività, la trasmissione della sentenza medesima al competente Ordine, albo o registro ai fini dell’applicazione dell’interdizione da uno a tre anni dalla professione o attività regolarmente esercitata.

Si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da € 15.000,00 a € 75.000,00 nei confronti del professionista che ha determinato altri a commettere il reato di cui al primo comma ovvero ha diretto l’attività delle persone che sono concorse nel reato medesimo.

Dal testo della succitata disposizione emerge chiaramente come il destinatario della sanzione penale ivi contemplata sia colui che eserciti una professione c.d. “protetta” senza averne conseguito il necessario titolo abilitativo.

L’abilitazione professionale è richiesta per l’esercizio di talune discipline cui risultano sottesi interessi e beni giuridici di particolare pregnanza.

Si garantisce, in tal modo, che determinate professioni vengano svolte unicamente da soggetti adeguatamente probi e qualificati, capaci di gestire complesse problematiche di natura tecnica.

Ad esempio, è richiesta l’abilitazione per svolgere la professione di avvocato, quella di medico, dentista, architetto, commercialista.

L’esercizio abusivo di una professione protetta rileva, quindi, sul piano penale, in quanto lesivo dell’interesse generale a che determinate professioni vengano svolte dai soli professionisti dotati delle necessarie competenze.

Nel caso in cui vengano violate le norme sulla regolamentazione delle professioni, risulta altresì compromessa l’organizzazione della PA, motivo per cui il reato in argomento è stato collocato nell’ambito dei delitti contro la Pubblica Amministrazione.

Si segnalano i seguenti precedenti giurisprudenziali, secondo cui non risponde del delitto in esame:

Il tatuatore, non essendo la realizzazione di tatuaggi attività disciplinata da alcuna norma specifica nè riconducibile all’attività sanitaria e delle sue arti ausiliarie (Cass. VI, 02.07.1996).

Non commette il reato in oggetto nemmeno il chinesiologo che si limiti a favorire il recupero motorio e il mantenimento e potenziamento muscolare mediante esercizi di ginnastica, sia pur effettuati mediante utilizzazione di strumenti e macchinari dei quali può avvalersi anche il fisioterapista per gli interventi di propria specifica competenza (Cass. VI, 04.12.2000).

Colui che, in mancanza di specifica formazione professionale e dell’inserimento negli albi degli psicologi o dei medici svolga l’attività di psicoterapeuta (Cass. III, 04.06.2008, n. 22268).

Avv. Tommaso Barausse