La salute è con ogni probabilità il bene
giuridicamente rilevante di maggior importanza, motivo per cui gode di
specifica tutela da parte di molteplici disposizioni del nostro ordinamento, a
partire dalla Costituzione.
È indubbio che il benessere psicofisico sia in gran parte determinato dal cibo che
viene assunto quotidianamente, più volte al giorno. Di converso, ingerire alimenti nocivi può esser causa
di gravi patologie, potendo addirittura verificarsi, nella peggiore delle ipotesi, la morte da
intossicazione/avvelenamento. Si pensi ad alimenti esposti a contaminanti o a cibarie in cattivo stato di conservazione, da cui può originare il batterio comunemente conosciuto come "botulino"; così come risulta senz'altro pericoloso il pesce da consumarsi crudo senza previo abbattimento di temperatura secondo le prescrizioni di riferimento.
Sotto il profilo penalistico, costituisce reato la detenzione a fini commerciali di sostanze alimentari pericolose per la salute, oltre che la commercializzazione delle medesime e la loro distribuzione per il consumo.
L’articolo 444 del codice penale, rubricato come “Commercio di sostanze alimentari nocive”, prevede infatti il delitto secondo cui:
"Chiunque detiene per il commercio, pone in
commercio ovvero distribuisce per il consumo sostanze destinate
all'alimentazione, non contraffatte né adulterate, ma pericolose alla salute
pubblica, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non
inferiore a euro 51.
La pena è diminuita se la qualità nociva delle sostanze è
nota alla persona che le acquista o le riceve."
Trattasi di norma
posta a presidio della salute pubblica, che contempla un reato procedibile d'ufficio, strutturato secondo il paradigma del
reato di pericolo concreto.
La disposizione in commento, invero, sanziona determinate condotte, tutte inerenti al commercio di sostanze alimentari pericolose per l'organismo umano, senza richiedere il verificarsi di effetti pregiudizievoli in capo al consumatore degli alimenti in oggetto, essendo sufficiente constatarne l'effettiva pericolosità.
Si segnala la precisazione della giurisprudenza di legittimità secondo cui anche gli integratori alimentari devono ritenersi compresi nella nozione di "sostanze alimentari". Rimangono invece escluse dalla predetta locuzione le sostanze medicinali, risultando oggetto di diversa, apposita disciplina (Cass. 26518 - 02.07.2008).
Avv. Tommaso Barausse