lunedì 29 luglio 2024

LA RILEVANZA PENALE DEGLI ATTI PERSECUTORI



Comportamenti assillanti, ripetuti nel tempo, possono integrare il reato di stalking

Il termine “Stalking” sta a indicare tutti quei comportamenti che possono rientrare nella definizione di atti persecutori. In via generale, trattasi di contegni e atteggiamenti molesti e/o minacciosi, ripetutamente attuati ai danni di una o più persone.

Porre in essere comportamenti di siffatto tenore potrebbe integrare il reato previsto e punito ai sensi dell’articolo 612 bis, collocato nel Codice Penale all'interno della "Sezione dei delitti contro la libertà morale" e rubricato, per l'appunto, come “Atti persecutori“.

La suddetta norma stabilisce testualmente che:

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. La querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate nei modi di cui all'articolo 612, secondo comma. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio.

Sul piano oggettivo, per comprendere quale tipo di comportamento possa rientrare nel paradigma di cui alla predetta disposizione, occorre pertanto individuare quali azioni possano essere ricondotte al generico concetto di “molestie”.

È opportuno anticipare che la casistica in materia di atti persecutori è molto varia. A titolo meramente esemplificativo, rientrano nella condotta tipica gli appostamenti, le continue telefonate minatorie, i pedinamenti e i (plurimi) messaggi / foto / video dal contenuto offensivo inoltrati alla vittima, anche tramite l'utilizzo di social network e piattaforme di messaggistica istantanea.

Sono stati ritenuti comportamenti idonei ad integrare il reato di atti persecutori anche:

Il reiterato, massivo invio alla persona offesa di messaggi via whatsapp e di messaggi di posta elettronica, nonché la divulgazione tramite social network di filmati ritraenti rapporti sessuali intrattenuti dall’autore del reato con la medesima (Cass. VI, 30.08.2010, n. 32404). Con riferimento a tale ultima ipotesi, si sottolinea come la stessa ad oggi possa configurare il reato di revenge porn introdotto con la riforma "Codice Rosso" (Legge n. 69 del 12.07.2019), alla cui disciplina si rinvia 👉 REVENGE PORN - IL REATO PREVISTO DALL' ARTICOLO 612 TER DEL CODICE PENALE

Possono altresì  integrare il reato di atti persecutori le reiterate condotte consistite nel rivolgere ad una minore apprezzamenti, mandandole dei baci, invitandola a salire a bordo del proprio veicolo e indirizzandole sguardi insistenti e minacciosi (Cass. V, 26.03.2010, n. 11945).

La fattispecie in esame, quale reato di evento, richiede inoltre il verificarsi, in via alternativa, di determinati eventi in capo al soggetto che subisce gli atti persecutori. Precisamente:
  • il perdurante stato d’ansia o di paura;
  • il fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona con cui vi è un legame da relazione affettiva;
  • l’alterazione delle proprie abitudini di vita. 
A livello statistico, la maggior parte dei casi riguarda soggetti maschili che persistono nell’importunare la propria ex compagna, non riuscendo ad accettare la fine della relazione sentimentale intrattenuta con quest’ultima.

Non mancano, tuttavia, le ipotesi in cui il soggetto attivo sia di sesso femminile, così come abbastanza ricorrenti sono le ipotesi di cd. "stalking condominiale", avente ad oggetto i più disparati comportamenti offensivi nei confronti dei condòmini o comunque dei vicini di casa.

La norma di riferimento non opera alcuna distinzione in punto di soggetto attivo del reato, posto che punisce “chiunque” commetta le azioni persecutorie. Trattasi in verità di reato c.d. comune. 

Occorre in ogni caso precisare come non tutti i comportamenti assillanti, pur fastidiosi, integrino il delitto in oggetto. Risulta, infatti, necessario verificare attentamente la gravità/offensività delle condotte poste in essere e le circostanze in cui le stesse si sono verificate, oltre, ovviamente, a tutte le rimanenti contingenze del caso concreto, posto che ai fini di una condanna al di là di ogni ragionevole dubbio tutti gli elementi costitutivi del reato devono risultare integrati all'esito del giudizio.

Le vittime di stalking hanno diritto per legge all'assistenza legale a spese dello Stato (cd gratuito patrocinio) a prescindere dal reddito. In tal modo viene sempre garantita alle persone offese dagli atti persecutori la possibilità di nominare un legale di fiducia (iscritto nell'elenco dei difensori per il patrocinio a spese dello Stato in materia penale)  così da sporgere atto di denuncia - querela e costituirsi parte civile nel conseguente procedimento penale al fine di ottenere il dovuto risarcimento danni.
Per informazioni e contatti 👉 DIRITTO PENALE E GRATUITO PATROCINIO


Avv. Tommaso Barausse